Domenico Francone, lo chef stellato del Wine Resort Castello Banfi
- Giovanna Catanzaro
- 24 set 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 5 lug 2022
Nei suoi piatti, la cucina mediterranea rivive attraverso il suo vissuto personale, tra prodotti gravinesi e piccole contaminazioni dal sapore esotico. Sotto la sua direzione, il Wine Resort Castello Banfi (Montalcino) ha ottenuto una stella Michelin, tra maestria e ricerca maniacale di materie prime autentiche e genuine.

Scopro grazie a te l’esistenza del Castello Banfi di Montalcino. È una struttura piuttosto prestigiosa!
Per questa ragione, infatti, è entrata a far parte del circuito di Relais & Châteaux, l'Associazione che raggruppa hotel e ristoranti di lusso.
Il Wine Resort Castello Banfi, inoltre, si espande in Toscana per quasi tremila ettari e impronta la propria politica aziendale sulla sostenibilità (https://www.callmewine.com/cantina/banfi-B1143.htm).
Un po’ come fai tu per la tua cucina.
Esatto. Mi servo soltanto di carni sostenibili e, contrario allo spreco, ottimizzo ogni parte dell’animale destinato alle mie pietanze.

Ad esempio, nel mio piatto Rombo, coriandolo e carota, sfrutto la pelle del pesce in questione per ricavarne una chips, mentre con la carcassa ci faccio una salsa; nella stessa ottica, preparo il sugo del Coniglio alla cacciatora solo con le ossa dell’animale mentre cucino le altre parti in due o tre modi diversi.
La sostenibilità si estende anche alle risorse vegetali: se le conserve di pomodori vengono rigorosamente dal sud, gli altri prodotti – come l’olio extravergine d’oliva, gli ortaggi e la frutta – sono tutte made in Castello Banfi.
Il tuo stile affonda le radici nei ricordi di famiglia.
Ricordo, in modo sempre più nitido, le gite in campagna. Avevamo varie coltivazioni e riunirci per controllarle e poi per produrre conserve e simili (salsa, vino, vin cotto, olio, etc.) era sempre un motivo di festa.
Con mio padre, invece, andavo di tanto in tanto a Bari (che è la sua città natale) dove compravamo e mangiavamo pesce crudo appena pescato.
Tutto ciò influisce inconsciamente nel mio approccio alla cucina: porto con me la ricerca maniacale del prodotto autentico e genuino.
Tuttavia il tuo legame con le origini e, in generale, con la cucina mediterranea non è esente da piccole contaminazioni. So che nelle tue ricette c’è una piccola traccia dei tuoi viaggi in Asia.
In minima parte, sì. Ad esempio, ho introdotto il tamarindo, il lemon grass e una Cytrus medica (ovvero una varietà della famiglia del cedro) nota come “mano di Buddha”.
In linea generale mi piace apportare po’ di fusion ma senza creare confusion.

Anche la Food&Wine Promotion della tenuta Castello Banfi continua a spingerti verso terre lontane.
Trascorro due mesi all’anno come Guest Chef in ristoranti sparsi nel mondo, dai Caraibi all’Australia, passando per il sud-est asiatico.
Viaggiando ho scoperto nuove realtà e altri approcci al mio mestiere. In particolar modo, ho ammirato il rispetto vigente nelle brigate di cucina in Asia, che mi sembrava strettamente legato alla concezione locale - quindi culturale - di disciplina. Lì il lavoro del cuoco mi è parso ben lontano da certe esasperazioni made in Europe.
Grazie per aver partecipato, Domenico! Spero presto di fare una capatina nel mitico Castello Banfi (appena divento ricca, eh). :D Ad maiora!
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