Francesco è un polistrumentista dedito alla promulgazione e interpretazione della musica tradizionale. Pianista e fisarmonicista, arricchisce continuamente la propria formazione, tra cornamuse iberiche e musica armena.
Come ti sei imbattuto nella figura di Vardapet Komitas?
Nove anni fa, presso la Fondazione Giorgio Cini (Venezia), partecipai ad un corso di duduk, ovvero una sorta di antico clarinetto tipico della musica tradizionale armena.
Così ho scoperto la figura di Vardapet Komitas, un prete ortodosso che durante il primo grande genocidio degli armeni (1915-1916) fu deportato a Çankırı in Anatolia. Grazie a dei diplomatici fu messo in salvo e riportato a Costantinopoli. Spostatosi a Parigi, vi morirà dieci anni dopo in un ospedale psichiatrico.
Il Komitas Museum-Institute di Yerevan (Armenia) rappresenta un punto di ritrovo per la gente del posto. Forse non è così strano visto che Komitas è considerato un simbolo dell’identità armena.
È stato anche un pionere dell’etnomusicologia, mi dicevi.
Alla fine dell’‘800 Komitas compì una grande operazione di recupero tanto della musica medievale liturgica quanto di quella tradizionale armena. Il suo lavoro di ricerca comprendeva l’intero Caucaso e i territori circostanti, come la parte curda della Turchia e l’attuale Iran settentrionale.
È stato uno dei primi ad aver effettuato sia la raccolta dei dati sul campo, sia la relativa catalogazione. Potrebbe essere considerato uno dei pionieri dell’etnomusicologia, eppure non viene mai nominato dalle fonti storiografiche e musicologiche occidentali.
Inoltre, a lui si deve anche la trasposizione su pianoforte di una buona parte del repertorio tradizionale della sua etnia.
E di qui il bellissimo progetto dei Komitas Piano Works…
Durante la prima fase di sterminio degli armeni, i Turchi bruciarono buona parte dei manoscritti relativi alle sue ricerche. L’idea di registrare quel materiale superstite e inedito fu accolta con entusiasmo dall’Etichetta italo-giapponese Da Vinci Publishing.
Sono un vero e proprio ibrido, no?
Lo sono, e questo è un dato interessante dal punto di vista dell’etnomusicologia ma un dato negativo per quel che riguarda la fruibilità del prodotto: non rispondono alle aspettative dei fruitori abitudinari della musica classica e si discostano dal tipo di entertainment offerto nel mondo della world music.
Un giovane regista armeno, Hracyha Sargsyan, ha scelto i Komitas Piano Works come colonna sonora di un suo cortometraggio la cui uscita è prevista per i prossol'autunno.
Esatto, e la cosa mi rende a dir poco felice.
Exodus In Three Parts è un cortometraggio sperimentale che esplora l’identità armena nella complessità della sua diaspora. Nella prima parte fa riferimento agli eventi storici del XX secolo, tra il genocidio armeno del 1915 protratto da parte dei turchi ottomani e la sovietizzazione dell’Armenia che portò la crisi economica al suo collasso. La seconda e la terza parte trattano, rispettivamente, dell’esplorazione dell’identità e della battaglia personale tra accettazione e rifiuto.
Quanto ci sarebbe da dire sulle identità culturali. Sei la smentita in carne e ossa di una serie di pregiudizi sui limiti geografici e culturali.
Grazie per aver partecipato a Le Microinterviste! Ad maiora <3
I link dell'artista ⏬
Pagina web: www.francescodicristofaro.com
Vimeo: https://vimeo.com/419091299
Link audio al disco:
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