C’è sempre qualcuno che, dietro l’angolo o dall’altra parte del mondo, sta provando le tue stesse emozioni e ha bisogno di parlarne. Angela Colonna, guidata da questa idea, ha dato vita alle illustrazioni del progetto Io sono C.
È concepito come un diario personale ma aperto al confronto e alla condivisione.
Esatto. Nel 2020, avevo la spiacevole sensazione di non essere mai all’altezza (oltre ad avere un'autostima davvero bassa). Tutto si accompagnava ad un vero e proprio timore del giudizio, una paura che ti fa sentire oppresso ed inespresso.
Così ho sentito la necessità di dedicarmi a qualcosa che fosse completamente mio ma che mi offrisse, al contempo, uno spunto di riflessione per confrontarmi con gli altri e – perché no? – per aiutarli. Così non solo mi sono sentita meno sola, ma ho potuto ascoltare pareri diversi dai miei, e questo si è rivelato davvero costruttivo. Ho capito, ad esempio, che il cambiamento è possibile, se lo si vuole davvero ('na faticaccia!).
Il confronto su cui si fonda Io sono C va in controtendenza rispetto all’imperativo di mostrarsi sempre al meglio; affronta tematiche profonde, con uno sguardo alla leggerezza.
Che è un po’ lo spirito cardine della tua rubrica “A cuor levante”.
Ho scoperto che alcuni concetti tipici della cultura giapponese incarnavano perfettamente i miei pensieri e il mio progetto: così ho pensato a un piccolo percorso dalla consapevolezza personale all’empatia.
La rubrica ha avuto parecchio esito. In modo particolare, sono stati apprezzati i concetti dello shoganai - la necessità di lasciarsi andare – e dell’ikigai (‘ragione di vita’, ‘ragion d’essere’). Forse perché legata al sogno nel cassetto, l’ikigai ha toccato molti nervi scoperti, coinvolgendo sia chi quel sogno l'ha già realizzato, sia chi aspira a farlo.
Cos’altro hai percepito grazie al rapporto col tuo pubblico?
Da quel che mi è parso di capire, al momento, c’è una forte necessità di tirar fuori le proprie emozioni – soprattutto tristezza e rabbia – e di avere una relazione con qualcuno che sia sulla propria lunghezza d’onda, senza accontentarsi.
Evitare la famosa “minestra riscaldata” (che mi rimanda sempre ad uno dei miei film preferiti: Maledetto il giorno che t’ho incontrato).
Esatto. In un’illustrazione, C rinuncia a quella minestra. Prende coraggio ed esce da una gabbia, simbolo di tutte le restrizioni che lei stessa si era data pur di accettare quella relazione insoddisfacente.
Posso chiederti come mai hai scelto proprio la ‘C’?
Con la lettera ‘c’ iniziano molte qualità che vorrei mi appartenessero: coraggio, caparbietà, costanza, consapevolezza…
‘C’ sta anche per ‘casa', da intendersi come la propria interiorità.
Penso che quest'ultima dovrebbe venir fuori senza troppi filtri. Per questo il personaggio che incarna C. è sprovvisto di bocca: è come se parlasse "con la pancia”.
C ha la bocca solo in un'illustrazione: posizionata in un luogo insolito, diventa funzionale all'uscita del famoso nodo in gola.
Grazie mille per aver fatto parte di questo Scream of Consciousness! Ad maiora!
Io sono C è su Instagram➡️ https://www.instagram.com/io.sono.c/
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