La semplicità e linearità nella fotografia di Marco Reggi, tra architettura, design e still life
- Giovanna Catanzaro
- 12 feb
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 13 feb
Guardando le sue foto, colgo una “pace dirompente”. Ne scopro le origini, le fonti di ispirazione, la formazione presso il CFP Bauer di Milano e mille sfumature di un percorso che lo hanno condotto alla libera professione. Gli incontri belli e le sfide quotidiane: tutto contribuisce a fare di Marco Reggi il professionista che è oggi. Voce, forma di espressione e un lavoro che ama: questa è la fotografia per Marco.

È un percorso professionale, il tuo, fatto di molti incontri e diverse emozioni. Ce n’è uno che ricordi con particolare affetto?
Quello con l’architetto, designer e artista italiano Alessandro Mendini: una persona dolce e umile che ho avuto la fortuna di incontrare e fotografare.
Altrettanto prezioso è stato l’incontro col fotografo Leo Torri.

Terminato il corso presso la scuola di fotografia Bauer di Milano (la scuola più bella del mondo ♥️), ho avuto la fortuna di lavorare come suo assistente.
Nelle sue immagini ho riconosciuto una grande affinità con il mio stile fotografico: ci accomuna il gusto nella composizione e la quasi maniacale attenzione nella ricerca degli equilibri.
Incontri e disincontri…
Eheh, già. Quando sei in viaggio verso Colonia e a Zurigo scopri che il bagaglio è andato altrove, è un po’ un casino.
Però, contro ogni aspettativa, ho mantenuto la calma facendomi bastare quello che avevo. Stravolgendo i piani, buona parte del servizio lo feci a mano libera.
Quell’inconveniente è servito, tutto sommato.
Assolutamente sì. So che posso gestire anche i momenti più difficili e questo mi rende più tranquillo, soprattutto facendo un lavoro in cui si dipende da un’attrezzatura che può venire meno e dal parere del clienti che a volte hanno una diversa cultura delle immagini.

Ovvero…?
La cultura delle immagini si basa su quanto sappiamo del linguaggio delle immagini. Mi viene in mente Oliviero Toscani con le sue foto disturbanti e provocatorie, ma estremamente efficaci.
Capita che, per scopi commerciali, venga scelta una foto solo perché piace, ma le immagini dicono molto di più, a volte anche a livello inconscio.
E non è un dato trascurabile. Guardando le tue foto, noto che la semplicità e la linearità sono un po’ i tuoi must.
Sì, e in questo mi ispira ed emoziona la semplicità descrittiva della scuola documentaristica tedesca, di cui apprezzo in particolar modo i coniugi Becher e August Sander. Nella lettura e interpretazione degli spazi, invece, penso ai fotografi italiani Gabriele Basilico e Luigi Ghirri.

Andando oltre la fotografia, invece…?
Citerei tre artisti: il pittore Franz Kline per la capacità di reinterpretare l'architettura urbana con la sua energia gestuale e sintesi grafica; il grafico Bob Noorda per il suo modo di rappresentare tutto in modo molto semplice ed intuitivo unendo estetica e funzionalità e, Bruno Munari, per il suo approccio sempre fresco, giocoso e contemporaneo.
Che è un po’ simile al tuo, se ho ben capito.
Sì, perché è influenzato sia da un settore in continua evoluzione che dalla mia crescita personale.
Ogni giorno è diverso dall'altro e ogni servizio fotografico mi mette alla prova, spingendomi ogni volta ad esplorare qualcosa di nuovo. Mi considero davvero fortunato a fare il lavoro che amo.
È una bella fortuna, infatti. ♥️ Grazie di cuore.
Scopri il mondo di Marco Reggi sui suoi profilil social (Instagram e LinkedIn) e sul suo sito www.marcoreggi.it!

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