La cosa che più ama del suo lavoro è la transizione dalla carta al costume vero e proprio. Tramite questa fase Margherita rivive la sua infanzia, quando in casa svolazzavano qua e là infiniti ritagli di tulle. Da Lady Oscar a Marie Antoinette passando per Barry Lindon, ecco un piccolo scorcio sul suo percorso lavorativo.
Margherita - Mia nonna era sarta e mia madre modellista e tagliatrice. In casa, lavoravano insieme per un’azienda che produceva costumi semiprofessionali per la danza. Potevo osservarle per ore mentre cucivano tutù in grandi quantità.
Già durante gli anni dell’asilo, armata di matite colorate e colori a spirito, provavo a riprodurre i costumi pomposi di Lady Oscar, del Tulipano Nero o della Principessa Zaffiro.
Finché, a 6 anni, ti sei imbattuta nel film Barry Lindon (Stanley Kubrick, 1976) …
…restandone letteralmente sconvolta. Nei mesi successivi – proprio come avevo fatto per i cartoni animati – non feci altro che riprodurre le parrucche di Lady Lyndon (interpretata da Marisa Berenson) o le mise che Milena Canonero aveva disegnato per lei.
Ammiro molti costumisti ma – credimi – per la Canonero ho un vero debole.
In occasione della mostra intitolata “I Vestiti dei Sogni” (Palazzo Braschi, 2015) ho potuto vedere i costumi da lei ideati per il film Marie Antoinette (per cui ha vinto l'Oscar ai migliori costumi nel 2007).
Attraverso l’uso sapiente di taffetà e raso è riuscita a rendere la leggerezza dei costumi originari.
Riguardo al tuo percorso lavorativo mi hai nominato il costumista Gianluca Falaschi.
Ho avuto l’onore di collaborare con lui attraverso un lavoro eseguito a più mani per le opere liriche Aida, Attila e Macbeth.
La prima è andata in scena al Teatro dell’Opera di Sidney nel 2018 mentre con Attila e Macbeth è stata inaugurata la stagione lirico-sinfonica del Teatro alla Scala di Milano, rispettivamente nel 2018 e 2021.
Con Falaschi ho iniziato a lavorare come bozzettista e a lui devo molto: oltre ad avermi insegnato varie tecniche di lavorazione, mi ha trasmesso una sana passione per il colore. Con lui ho capito quanto fosse fondamentale, nel mio mestiere.
Il colore risuona in uno spazio vuoto e indefinito e si materializza ai nostri occhi. Si fa materia fino a plasmare i costumi.
Circa la relazione che hai col tuo lavoro, hai fatto cenno ad una sorta di attrazione o erotismo.
Mi riferisco ad una forte connessione paragonabile a un fuoco interiore.
Di recente, leggendo un saggio filosofico – Manuale di Fioritura personale di Andrea Colamedici e Maria Gancitano - mi sono imbattuta nel concetto di “eroticità del mondo”.
È stata la prima volta che ho letto qualcosa di così simile al mio modo di osservare il mondo circostante.
L’eroticità può risiedere anche nella preparazione di un piatto o in un profumo che senti mentre cammini per strada. È in qualsiasi cosa riesca a rapirti, creando in te uno stato di sublimazione che non è dovuto solo alla bellezza ma che può dipendere anche dalla bruttezza, dal pericolo…
Grazie per aver partecipato a Le Microinterviste, Margherita! 🙏🏽
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